Vi trovate nei pressi della Casera Federola, a circa 1260 metri di quota, all’interno della Regola di Cruden e Federola. Questo oronimo deriva probabilmente dal termine “feta”, ovvero pecora che ha figliato; nel nome è inoltre presente il diminutivo “olus” che suggerisce il fatto che in tale luogo si praticava la pastorizia ovina in minor estensione rispetto ad altri pascoli.
Da questo prato è possibile, percorrendo il sentiero CAI 935, raggiungere l’omonima forcella che divide la cima del monte Venal, alto 2212metri, dalla cima del monte Antander, alto 2184 metri. Lungo questo percorso per escursionisti esperti è possibile osservare una serie di piccoli antri incavati nelle rocce e denominati “ander”. Queste morfologie dipendono in primo luogo dalle caratteristiche geologiche del massiccio che è costituito da rocce carbonatiche e fratturate: il terreno ideale per i fenomeni carsici. All’interno di tali rocce si possono infatti avere circolazioni idriche anche importanti durante e a seguito di eventi piovosi che contribuiscono all’erosione e formazione dei sopracitati “ander”. In secondo luogo l’azione erosiva vede anche il contributo dei processi crioclastici, ossia il riproporsi di cicli gelo – disgelo che causano variazioni nei volumi dell’acqua all’interno della roccia portandola a frantumarsi con conseguente perdita di resistenza e sostegno. Questi processi, moltiplicati per un tempo molto lungo, causano distaccamenti di blocchi e crolli di volte che man mano creano o ampliano le cavità.
Dal luogo dove vi trovate è possibile ammirare uno stupendo scorcio sul Lago di Santa Croce, secondo lago per estensione del Veneto. La sua formazione è da attribuire al periodo post glaciale, quando in tutto il bellunese le grandi masse di ghiaccio diminuirono di volume per via del cambiamento delle condizioni climatiche. Nel caso specifico il ghiacciaio del Piave, caratterizzato da uno spessore di circa 800 metri e impostato sulle pareti della Val Lapisina che collega l’Alpago a Vittorio Veneto, cominciò a ritirarsi a causa del disgelo lasciando prive di sostegno le pareti rocciose di tale valle. A causa di ciò le rocce, prive del sostegno dato dal peso della massa glaciale che riposava sopra di esse, iniziarono a sgretolarsi e a crollare in una serie di frane postglaciali che portarono allo sbarramento del corso del fiume Piave dando origine al bacino idrico del lago di Santa Croce.Di fatto il fiume Piave, impossibilitato a continuare il suo cammino nella Val Lapisina, fu costretto a scavare un nuovo alveo nella Val Belluna. Ad oggi il Lago di Santa Croce presenta un sistema antropizzato di sbarramento che consente uno sfruttamento dell’acqua.
Dal Lago fino alle più alte cime della conca c’ è un animale che “passeggia” lentamente sui prati: la chiocciola, una piccola alpinista che affronta tutte le sfide che gli si pongono davanti con tenacia. Da tempo considerata la mascotte dell’Alpago, questo animale trasmette simpatia e tranquillità e una “lentezza positiva” in contrasto con il frenetico tumulto della società moderna. La chiocciolina, più comunemente chiamata dalla gente della conca “s’ciosela”, ama i posti umidi e tranquilli. Questo mollusco terrestre è dotato di una conchiglia come riparo dalle condizioni climatiche sfavorevoli e come difesa dai pericoli esterni. Tra le tradizioni gastronomiche dell’Alpago il piatto di ‘’polenta e sčiosele’’ occupa senza dubbio uno dei primi posti. Fino a qualche decennio fa il piatto “polenta e sčiosele” lo si poteva gustare anche in alcuni ristoranti della zona. La sagra di San Lorenzo, patrono di Lamosano, era l’occasione per assaporare questa prelibatezza sia nei ristoranti che in piazza. Ad oggi l’attenta regolamentazione della raccolta delle chiocciole, ha permesso la salvaguardia di questa specie.
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